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Meno male che Silvio c’è! Così adesso lo processiamo

“Io pago tasse per milioni di euro all’erario e do lavoro a migliaia di persone”, affermava in quel di Vespa, l’ometto incatramato!! Anche l’Eternit (la multinazionale della morte), pagava le tasse e dava lavoro a decine di miglia di persone!! Peccato che con il tempo, ha dovuto chiudere i battenti per sempre, con tutte le immaginabili conseguenze sui lavoratori.
La fine di Berlusconi, coinciderà con il tracollo delle sue aziende che, come l’Eternit (ma a diversità di bersaglio), hanno devastato per un quarto di secolo, le menti dei cittadini italiani. La sua caduta sarà terribile, sotterrato dalle macerie del suo populismo e nanismo intellettuale.
La giustizia, imperturbabile, dovrà fare il suo corso, e la magistratura lo sta già aspettando al varco.
“Vado via da questo paese di merda, di cui sono nauseato”, diceva Berlusconi a Lavitola in una intercettazione del 13/07 /2011.
E no, cavaliere, adesso è troppo tardi! Doveva pensarci prima!! Non si sputa nel piatto in cui si è mangiato da sempre, fino ad abbuffarsi! Ha voluto la bicicletta? E adesso deve pagare il conto! Non finirà tutto a tarallucci e vino. I debiti vanno onorati.
Un’immensa folla la sta aspettando sulla linea del traguardo di Piazzale Loreto, per consegnarle la maglia nera. Un trofeo all’infamia e al disonore, più che dovuto, e che Lei, cavaliere Berlusconi, si é guadagnato sul campo in quasi un ventennio, per avere portato l’Italia sull’orlo della bancarotta e dentro un degrado etico e morale senza precedenti. Ci saranno tutti all’appuntamento del secolo perché nessuno, vorrà perdere l’ultimo atto di una delle più sconcertanti, inimmaginabili, inquietanti, volgari e paradossali sceneggiate politiche che mai un parlamento abbia potuto ospitare in tempo di pace.

Il cafone per eccellenza, archetipo di grettezza e smoderatezza, solo ieri, invitava tutti all’esercizio della sobrietà, e da puttaniere impenitente, senza pudore ne vergogna, affermava (nel pieno di una crisi mistica) di avere introdotto la moralità nella politica.
Da cattolico pluri/divorziato, poi, si erge a paladino della famiglia e a difesa della vita vegetativa ad oltranza. In veste di supremo e indiscutibile maestro di mistificazione, accusava il mondo intero di ordire complotti a suo discapito, e di avere pianificato campagne diffamatorie e menzognere, con il solo l’intento di detronizzarlo. Proprio lui, la cui vita di imprenditore prima, e di politico poi, è un bailamme di trame, congiure, macchinazioni e dossieraggi. Un sostenitore accanito di un liberismo trasfigurato in stalinismo che alla libera concorrenza, predilige le consorterie, logge e corporazioni. Insomma, un autentico cialtrone! Un “pacchista” disonorato che per salvarsi il culo, ha condotto l’Italia e gli italiani dentro un abisso senza fine.

Il “grande Silvio”, ometto attempato, che si trapianta e pittura i capelli di un nero corvino, anteponendo il trucco a una decorosa pelata – il Silvio che martirizza Vittorio Mangano, esalta la figura di Marcello Dell’Utri, fiducia Cosentino e delegittima le istituzioni! Il Silvio con l’eterno cerone, le scarpe rialzanti e le pompette stimolanti – il Silvio dalle mille cravatte a pallini e gli eterni doppio petto blu. Un vero trattato ambulante di psicopatia, frustrazione e perverso e morboso narcisismo.
Con quale dignità, un tale individuo, ha potuto rappresentare in nostro paese?
E’ stato dunque questo lo status symbol di virilità e machismo, autorità e potere nel quale si sono riconosciuti tanti italiani e italiane e che esibivano come modello di moderna cultura e punto di riferimento socio-esistenziale? Era questo, il salvatore della patria, l’uomo della provvidenza, il mito trascendente da sempre celebrato nell’immaginario degli italiani? O piuttosto, un millantatore da quattro soldi, un incantatore di serpenti e un traditore della patria – uno scaltro piazzista che nel mercimonio della dignità altrui, incarna l’archetipo della peggiore specie umana!
E non sono forse gli italiani, le vittime predestinate di un masochismo perverso che, come Seneca affermava, “godono nell’affidare il potere al turpe?”

Adesso eccolo li, quello del “partito dell’amore”, un uomo triste e solo, che nella luce soffusa della sua alcova, si appresta a calare il sipario sull’ultimo atto di una commedia, tragica e grottesca, fra i glutei in affitto di una giovincella depravata, nella spasmodica ricerca, di quell’orgasmo tradito che sancirà, per sempre, la sua sconfitta umana, morale ed economica.

Gianni Tirelli

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